Le radici della mia pace di Benatti Roberto



Profilo Critico

Poesia intimistica e severa dove le espressioni sono essenza dell’anima: “bisbigli…lì ti parlo, lì mi parlo” (Parole), nel ricordo di parole passate, fredde come inverni spogli. È la stessa voce interiore, la coscienza, che parla e rimprovera l’Io lirico senza, tuttavia, riuscire a sconfiggere le debolezze che cedono ai desideri (Una stazione), voce che si confronta con quella pace irraggiungibile “se non in un altrove a me sconosciuto” (Le radici della mia pace). Impossibile non abbandonarsi alla nostalgia né eliminare intellettualmente e dominare razionalmente il dissidio che il poeta avverte nel cuore. Non può avere pace dalle passioni contrastanti che sente in sé se non rifugiandosi nella malinconia, nel rimpianto, nel passato e cioè nel vago, nell’indistinto del sentimento, nelle indefinibili sensazioni. Una lirica che trova spesso somiglianza con l’armonia dei poeti romantici per i quali il linguaggio naturale è la musica, l’arte nella quale la logica e il pensiero hanno solo una minima parte.
Membro di Giuria

Massa, 3 maggio 2020

Prof. ssa ELENA BOLOGNA

Dove sei tu pace?
Dove hai posto le tue radici?
In un altrove a me sconosciuto
o dentro sfere metafisiche, specchi d’infiniti riflessi
dove sbattono le mie domande disperate
verso un cielo senza risposte?

Non sei qui.
Di te esistono mille frammenti che vagano
dispersi nel mare del tempo
e a ogni nuovo incontro accolgo e dico addio
a una nuova parte di te.
Mai mi appartieni.

Sei l’occhio della tigre che scruta l’orizzonte,
perennemente all’erta contro
la subdola astuzia del suo avversario.
Solo nella quiete della notte,
in un lampo luminoso, ricompari
come la ragione del mio viaggio.

Sono l’impronta indelebile della mia infanzia,
sempre smisurato, più indomabile,
più affamato di sapere.
Una feroce esplorazione, la mia, che svapora
sotto il peso di una quotidianità priva di spiragli.
Talvolta non mi accorgo nemmeno di essere vivo.

Scaglio la mia anima contro il vento, come un sasso,
come se il sasso avesse ali per volare.
Dove sei tu pace? Sei forse una voce?
Non parli alla mente, ma vai dritta al cuore?
I miei buoi ormai hanno il basto pesante,
arrancano sulla gobba di terra livida dei giorni.

Chiudo ogni ascolto e sento i mormorii,
i respiri di mare e di terra
e la voce roca che mi giunge
da un capo dolorosamente flesso,
una luce che ricompone i tuoi frammenti
nei suoi occhi caparbiamente chiusi.