L’urtimo viaggio – L’ultimo viaggio di Canfora Alberto



Profilo Critico

Profilo Critico “Noi e gli altri”
Con concretezza e l’immediatezza della poesia dialettale, con la musicalità della rima e con versi talvolta aforistici queste liriche di Alberto Canfora parlano direttamente al cuore del lettore. E parlano di un uomo che, cercando fortemente se stesso nel proprio io e nella sfera dei propri affetti familiari, si apre consapevolmente al mondo degli altri abbracciandolo con empatia e carità. Anche la disposizione stessa delle poesie all’interno della raccolta sembra voler accompagnare il lettore dalla sfera del “noi” a quella de “gli altri”. Così dalle prime liriche in cui il poeta s’indaga e affida il proprio esame di coscienza alla poesia per farne anche un mezzo di auto-riconoscimento e di stima nei momenti bui, si passa a liriche in cui è raccontato il dispiacere per una lite con il figlio o il dolce ricordo dei genitori e infine a liriche in cui c’è tutta la rabbia e il dolore del poeta per la sofferenza ora dei bambini afgani, ora degli sfrattati e dei migranti nostrani, ora dei “barboni” e dei mendicanti.
Membro di giuria
MONICA SALVETTI

T’hanno pescato stretto, abbraccicato

co ’na mano de mamma sulla bocca.

Diceva a tutti: “Er pupo nun se tocca!”

Fino a quanno er battello s’è affonnato.

A du’ anni nun hai capito gnente.

Chiedeva a Dio: “Te stamme a sentì”

co un crocefisso in bocca stretto ar dente.

Nun t’hanno fatto manco er funerale.

Chi vedeva in tivvù trecento casse

si cenava rischiava de strozzasse.

A la sicura ce restava male.

Dormi tranquillo ne la bara bianca.

Nun piagne più; mo nun ce sta la mano

de mamma tua. Bevi, ma più piano.

Va su co lei. L’amore nun te manca.

Ma mamma si!

L’ULTIMO VIAGGIO

Ti hanno pescato stretto, abbracciato

con la mano di mamma sulla bocca.

Diceva a tutti: “il bambino non si tocca!”

Fino a quando il battello non è affondato.

A due anni non hai capito nulla.

Chiedeva a Dio: “Tu ascoltami”

Mentre lo mordeva tra i denti.

Non hai avuto neppure il funerale.

Chi avesse visto in televisione trecento bare

se era a cena rischiava di soffocare.

Sicuramente ci sarebbe rimasto male.

Dormi tranquillo nella bara bianca.

Non piangere più; adesso non c’è più la mano

della tua mamma. Bevi con più calma.

Vai in cielo con lei. L’amore non ti mancherà.

Ma mamma si!