Una stanza affollata di rose di Di Iorio Rosanna



Profilo Critico

Niente come una musica o un profumo è capace di suscitare il ricordo.
Si insinua nel cuore e nell’anima una vibrazione prima indistinta, che poi ci
sorprende con la dolcezza della nostalgia.
La forza evocativa del ricordo si fonde qui con il profumo delle rose (“una
stanza affollata di rose”), e tale forza è alimentata in un unico tripudio di
colore e di fragranza ( “io non ho appigli se non il profumo/delle rose, del
canto”).
Si stempera così la malinconia dell’addio, l’assenza immensa di chi non
tornerà, così come la perduta giovinezza, profumo della vita, sensazione di
infinito.
È ancora il profumo (“effluvi di ginestra”) che accompagna il canto e rende
inutili le parole, evocando quell’atmosfera sospesa e incantata tipica dei
versi dannunziani.
È però il fresco profumo della lavanda (Cicala anch’io), del geranio, del
confortante pane caldo del mattino che accende dolce meraviglia nel cuore e
“stupore avventuroso” e ci riporta per incanto alle “petites madeleines” di
Proust, al ricordo struggente di un tempo lontano evocato da quel profumo
antico, ma capace di far tremare il cuore (La strada di Swann).
Parole profumate anch’esse, come la vita di allora che più non torna.
Domina una dolente malinconia di cose passate, di desideri non compiuti, di
sogni perduti, di mesti addii, del silenzio tragico ma su tutto domina il
profumo delle rose, del canto: c’è ancora il tuo profumo nel mio cuore.

Membro di Giuria

Massa, 3 maggio 2020

Prof.ssa ELENA BOLOGNA

Scoprirmi stanca a raccontare il giorno,
addosso rievocando gli occhi ardenti.
E il cuore scavo senza farmi male:
immensa assenza tu, nelle mie pagine.
Malinconia di vita a ogni tramonto.

E queste braccia allegre che si danno
e ripiegano lente su se stesse
mentre la vita sento che mi sfugge
e non so fare un gesto per fermarla.

Queste braccia che attendono talvolta
al rigido confine di un inverno
in un atono cielo di mille anni
d’esilio, in questa stanza profumata
affollata di rose in pieno Aprile.

E queste mani sempre ancora vive,
eppure morte, alla ricerca cupa
di un senso, del tuo amor desiderato,
forse. O della perduta giovinezza.
E che serbano ancora sensazioni
fantasticate intatte di infinito.

Invisibili ad ogni sentimento.

Come quelle minute integre impronte
che a volte s’intravedono sul colle
innevato di fresco come quasi
virgole dell’umano transitare
che, miti, si allontanano nel nulla.