L’assassinio dei poeti di Colli Stefano



Profilo Critico

Liriche scorrevoli, dolcemente ritmate, in cui un lessico quotidiano si interseca sapientemente con un linguaggio aulico pieno di reminescenze classiche danno origine alla silloge del nostro autore per il quale la parola, la ricerca di essa, è alla base di tutto.
In ogni poesia emerge, infatti, il valore della parola che diventa misteriosamente e quasi divinamente poesia, metro e verso ed è capace di custodire memorie sepolte o elevare le azioni umane al di sopra della mediocrità. Ecco allora apparire immagini forti come ne “La ragazza di Kobane” in cui la giovinezza è violentata dalla guerra e dall’indifferenza di mondo di uomini più fortunati che non possono capire cosa significhi aspirare una “rara sigaretta” senza la certezza del domani. A volte, di fronte al dolore, alla morte, a quei “deserti di silenzio” che ci fanno sempre più soli, all’ inferno del cuore che ci riduce a “monadi di pietra”, bisognerebbe saper raggiungere quella che Montale chiama una “divina indifferenza” e che per il nostro poeta è rappresentata iconicamente dal mare che si piega imperturbabile al mutare del vento e delle stagioni e rimane impermeabile ai mali del mondo come “…una lastra di marmo”… ci vuole, insomma, “…un po’ di oblio per non impazzire” (Oblio).
Che il nostro mondo sia pieno di male, che l’essere umano sia tragicamente cattivo ed infelice – “…eterno è il male”, dice il poeta ( “Espiazione”), “…senza fine la nostra insensata ferocia” – , sono dei leit-motiv che percorrono tutta la raccolta e allora, per dare un senso a questa nostra vita che a volte sembra davvero sull’orlo dell’abisso affacciato a un nero senza fondo, il poeta trova solo un modo per esorcizzare questa specie di maleficio: scrivere versi… “altrimenti sarà davvero notte”.

  Membro di Giuria
Prof.ssa ELENA BOLOGNA

Novembre è il mese più crudele, piomba
impassibile sulle spoglie dell’estate
e un vento amaro tormenta la battigia.
Mese custode di un silenzio avaro
ti appresti ad accogliere il corpo
straziato di un poeta irregolare
in una feroce e matrigna terra
chissà dove l’anima irrequieta.
Perfino le scavatrici sembrano più vere
del teatrino che si leva in coro
ieri come oggi
a elevarlo a mito consumato
o a negarne d’improvviso i meriti
perché si sa, è strano
il destino dei poeti solitari
in questo paese ipocrita e accattone.
Ogni giorno ostinato si consuma
l’assassinio silenzioso dei poeti
uccisi nell’indifferenza generale
di una stupenda e misera nazione.
Nessun rammarico, nessuna meraviglia
è tutto già visto e assimilato
perché i poeti non muoiono mai per davvero
se i loro versi intonano un canto
che lambisce le dimore del sacro
e rompe il silenzio della notte
per giungere all’orecchio di ragazzi
destinati a restar giovani dentro.
E si dirada la foschia nel lungomare assonnato.