Vieni, usciamo di D’Armi Maurizio



Profilo Critico

Un velo di malinconia accompagna le immagini che il poeta disegna con sapiente scelta della parola, ottenendo un tono medio, una “aurea mediocritas” che non è mai dolore insopportabile, ma diventa capace di trasmettere ricordi, riflessioni, profonda commozione.
Vieni, usciamo…” dice il poeta al padre e quello che sembra un colloquio tra padre e figlio risulta in realtà il cuore del poeta che parla a se stesso e non vuole lasciare quel vecchio così vicino alla “notte” e che sente di amare ancor di più nella sua fragilità. Ma se la vita umana finisce, la natura no, la natura torna a fiorire e lo si vede nella luce del cielo stellato, nella tiepida notte, nell’aria nuova, cristallina, piena di colori e di profumi e nella vita che “pulsa più forte”. (Certe volte).
Nella raccolta si nota un costante alternarsi di toni solari e toni cupi: ecco infatti che, improvvisamente, dalle immagini di sole e di calore, la luce sembra spegnersi perché il poeta, guardando la giovane innocenza di una fanciulla che ha negli occhi “orizzonti sconfinati”, sa che il suo sorriso è destinato presto a dileguarsi e a diventare crepuscolo e notte (Non dirmi). E allora il poeta si volge al passato (Il tempo che fu), tesoro immutabile della nostra esistenza e, in un ritmo incalzante di emozioni, ripete nel suo cuore felicità perdute quando “…la vita ci apparteneva, ed era sogno, e il mondo era nostro”. In questo quadro si inseriscono i versi “Ai caduti” : in un contrasto di voci infantili, di immagini primaverili, di caldi colori, ecco il crepitio delle armi che spegne il sole, l’amore, il palpito del cuore di tante giovani vite che solo “steli annerite dal sole” ricordano.
La speranza però, per contrasto, emerge nuova e vitale perché la vita è persa davvero e per sempre solo quando perdi la capacità di amare, di provare emozioni, quando il cuore si lascia soffocare da pensieri che lo abbrutiscono e quando la poesia tace.

Membro di Giuria
Prof.ssa ELENA BOLOGNA

 

Vieni, usciamo,
oggi voglio stare con te,
tutto può aspettare,
tu no, padre.

Andremo per le strade
senza meta,
senza parlare,
io e te.

Leggerò sul tuo volto
l’età che avanza,
rallenterò il passo,
per te affannoso,
tratterò, a stento, una lacrima,
prima che sia notte
e tu mi venga tolto.