La ruga di Sia Graziano
Profilo Critico
La ruga dove mossi i primi passi
era stretta e tortuosa,
come se in un remoto tempo
fosse tracciata da un capomastro
ubriaco, che vacillava a destra e a sinistra.
In un dedalo di viuzze si rintanarono
i vecchi per lasciar spazio
alla numerosa prole.
Su in aria tra le vetuste case
una striscia di cielo azzurro.
Era animata da nidiate di bambini,
e al di là della miseria
c’era un’infinita allegria,
singhiozzava la fontanella
mentre ci spruzzavamo d’acqua
e le lucciole volavano
intorno a noi.
I nostri vecchi sedevano
alla luce della luna, parlavano
di guerre e di terre lontane,
sotto le finestre le serenate
gorgheggiate degli innamorati.
Al mattino ci destavamo
al gioioso canto degli uccelli,
e i garofani sui balconi
salutavano sorridendo.
Amica ruga mi hai dato giorni belli
felicità e tanta gioia;
si fa sera … ed è tempo di commiato,
mi ritrovo coi capelli brizzolati
tra mura sghembe e scalcinate.
Più non giocano i bambini
né ruspano le galline,
non c’è una lampada accesa ad attendermi,
ovunque mi volti vedo i segni del tempo,
muffose macchie mi fissano dai muri,
io sono solo ospite di nessuno.
La notte incombe, sono triste e stanco;
un velo di lacrime oscura
i miei occhi smarriti.