La costola della vita di Bedini Maria Angela
Profilo Critico
Credo che Maria Angela Bedini intenda il termine "costola" nel
significato biblico di "fianco, parte", così il titolo sarebbe "ciò che
affianca, ciò che è parte della sua vita", ovvero un aprire il proprio
"torace" alle cose esterne. Ne consegue che "la città abita nelle vene",
"l'infinito mondo abita il corpo", i "vicoli toccano la pelle", "l'universo
strepitoso assedia gli occhi" dell'autrice. La sua poesia, quindi, è un
portare nella città e nella società il mondo dei sentimenti e della
comunicazione: insomma, una mobilità capace di alleggerire e
ossigenare, laddove è possibile, quella "costola" che è parte della sua e
della nostra storia esistenziale. Sono quaranta versi senza punteggiatura
con un accumulo di congiunzioni (quindici "e", tre "come"), con i tempi
verbali tutti al presente per significare che le diverse sequenze del tempo
sono vissute e ricapitolate nel momento stesso della scrittura. In realtà
vivono nella memoria e nel pensiero di Maria Angela Bedini, in un
eterno presente, dall'origine a oggi.
Membro di Giuria
Massa, 5 maggio 2019
Prof. FRANCO PEZZICA
la città che mi abita nelle vene
è una fortezza scura
io la porto come si porta un dolore
una ferita che morde la costola della vita
il santuario delle ombre luminose
e la pace delle sue dita graffiate
è la pace del mio cuore turbinoso
che non ha ombra né pace
e getta i suoi spigoli vetrosi
sull’arcata dell’aria e del sangue
nei suoi bordi straziati e bianchi
io leggo la cellula infinita
dell’infinito mondo
che mi abita il corpo
come il guerriero
la sua rovinosa armatura
i suoi vicoli pesti toccano la mia pelle
come si varca una soglia
devastata dal portentoso vuoto
e io vi guardo la maestosa vita
e la grandiosa morte
abbracciarsi il petto
e scambiarsi sul mio torace
la ferrea promessa del buio
e sui contorni dei prati
io fingo la mia casa aerea
di mattoni e di morte
e tomo a guardare
dalla grata della ferita
l’universo strepitoso
che mi assedia gli occhi
e dico la stortura di case
e la scalata degli alberi sui bordi di terra
e i tentacoli dei tetti sopra il cielo
e il crollo delle strade nel baratro del mare
come si dice una pena senza nome
e il mio corpo ritrovo tra le piazze stralunate
e il mio sangue sfilacciato nei vicoli
e il mio sguardo sulla corteccia di un muro
e la mia vita appesa ad una finestra cieca