La grande bellezza di Fedeli Ivan
Profilo Critico
Non solo Roma, anche Milano ha la sua “grande bellezza”. E’ lo spazio, fisico e interiore, che si estende a forma di triangolo i cui vertici sono la Gobba, Loreto e Lambrate. La stagione è quella estiva, e “i due”, un uomo e una donna, immaginano “anche lì il mare” e sanno dirsi “le cose/belle”. Ma ci sono altre presenze, “i signori/seduti tra una gazzosa e uno sguardo/alla bionda che qui passa ogni sera”. La sera ha un “silenzio buono” che fa sentire questi personaggi “padroni al mondo senza avere nulla”. Forse la vera ricchezza è quella dentro, il vedere le cose e capirle, l’ascoltare il silenzio e sentire palpitare il cuore. Questa tematica è resa con un linguaggio colloquiale (quasi di prosa), con parole semplici ma autentiche, come sono le cose che hanno davvero sostanza.
Membro di Giuria
Prof. FRANCO PEZZICA
Niente vale di più di questo niente
che noi abbiamo dice lei spettinandosi
un po’ mentre legge sbadatamente
e si sdraia che la panchina all’ombra
sa di comodo. Vorrebbe che sì
fosse davvero così chi le è a fianco
e si avvicina al cuore per sentire
quanto batte ma è una scusa lo sanno
e ridono di questo e delle ferie
finite lì, tra l’idroscalo e l’aria
dei metrò che si fermano alla Gobba.
C’è una gloria nascosta nei vialoni
quando tagliano Milano in agosto
e danno quell’idea di uno spazio
vero come uno sguardo negli occhi.
Bene lo sanno i due immaginando
anche lì il mare, dopo i mercatini
improvvisati di Loreto o l’amore
che si fa di notte quando si spegne
la luce e ci si dicono le cose
belle. Si accontentano allora e vanno
via felici che Lambrate li tiene
con sé per un po’ prima che i signori
seduti tra una gazzosa e uno sguardo
alla bionda che qui passa ogni sera
li chiamino senza saperne il nome.
Cala allora un silenzio buono e tutti
credono che lì dentro ci sia dio
e va che ci si senta per davvero
padroni al mondo senza avere nulla.