Odori di limoni di Pancaldi Paola



Profilo Critico


Sembra che la poesia per essere grande, per toccare il cuore, abbia bisogno del dolore, motivo ispiratore, stato d’animo essenziale per ogni emozione, forse perché nel dolore ci riconosciamo tutti e sempre, nella gioia invece pochi e raramente. Così avviene che questi versi acquistino valore universale, che il dolore non rimanga esperienza personale, ma si dilati a tutta l’umanità e diventi strumento per riflettere sulla ineluttabilità del nostro destino, destino di morte: “… nessuno spiccherà il volo, a turno cadremo per una disputa di cellule impazzite o un capriccio di vento”, oppure “… siamo qui ad aspettare il turno dentro carceri di rabbia”. Come S.
Timpanaro aveva detto parlando di Leopardi, l’infelicità, il dolore, non sono condizionamento ma sottile strumento per percepire meglio il male di vivere dell’intera umanità.
Tutti i piccoli gesti della vita quotidiana nelle liriche dell’autrice diventano testimonianza del destino dell’uomo che resta sospeso, spezzato, come in questi versi il libro non finito, i cruciverba lasciati insoluti e i documenti lasciati nell’ufficio quasi in attesa di chi non tornerà più, come se il tempo si fosse fermato, spezzato per sempre.
Non c’è una descrizione fisica, solo simboli, sensazioni, profumi, colori, l’azzurro di una camicia aperta sul collo, più forte emotivamente di qualsiasi descrizione e che riporta alla “imation” di Platone, il mantello la cui vista è capace di evocare da sola con struggente nostalgia l’immagine della persona amata.
La scelta dell’impostazione narratologica mostra la volontà dell’autrice di discostarsi dall’impostazione classica: alla lirica dal lessico prezioso ed aulico viene contrapposta una poesia concreta che cerca le proprie immagini e i propri oggetti-simbolo nella realtà del quotidiano.
Emerge un dolore profondo, ma espresso in modo pacato e composto, quasi incredulo, che non cerca consolazione, forse, neppure in Dio, “ … il dio che invoco non esiste” e la pena del cuore diventa ricordo, tema dominante e poi desiderio, necessità, ansia di rievocare agli altri, a tutti, a persone, a cose lo spirito di chi non tornerà, quasi a trattenere “ al limitar di Dite” l’immagine cara perché il ricordo di chi ama è qualcosa di divino che prolunga la vita di chi ci ha lasciato, assente, ma dolorosamente presente: “… quanta vita dopo la morte! Quanta presenza nell’assenza!”.


Prof.ssa ELENA BOLOGNA

Odora di limoni il vento

questa mattina a Milano

e si levano come brevi vittorie

soffi di spore fra gli alberi di Giuda.

Mi stupisce ancora

che fiorisca la terra

e che i tronchi vuoti

si riempiano di canzoni.

Il prunus si è acceso di bianca luce

petali di magnolia si draiano sul prato.

Davanti alla mia finestra io ti vedo

libro mani capelli d’argento

battito di cuore fronte distesa al sole.

Sei lì ad aspettare che il vento muova

i calici d’aria e una spada d’ombra

ricopra le tue tracce. Non parli

e mi manca l’aria mentre fingi un sorriso.

Di rado parlavamo della morte

anche se ci era accanto

come il tepore di una rosa.

Ora cadono a fiumi le parole

su una corte di terra gravida e stanca.

Tutto in un istante è svaporato

come quando da bambina soffiavo

sul fiore di taràssaco nei prati.