Vent’anni a Parigi di De Mas Fabio
Profilo Critico
Tutto quel francese ci piovve addosso improvviso,
nelle sere di voli pindarici e pastis a buon mercato.
Noi provinciali entusiasti
di rive gauche e dei nostri vent’anni
segnati, più che da Sartre e Baudelaire,
dai capelli e dallo sguardo d’inarrivabili veneri.
Tavolini all’aperto, bistrot
e croissant per cena,
ma come erano dolci di futuro quelle notti:
scopriremo, andremo, ameremo.
Con la tenerezza degli sprovveduti
respiravamo sogni, tepori di promesse
e bastavamo a noi stessi,
artisti e letterati,
veri e sinceri come le stelle ad agosto.
Sarà stato il Louvre o il quartiere latino
a convincerci che la vita fosse solo en rose,
a illuderci di essere immortali,
a farci innamorare di tutto quello
che saremo potuti diventare.
Ora chissà, amico mio, se fumi pipe,
se ti sei arreso e sfogli i ricordi e la malinconia,
se rimpiangi perfino tutto quel francese
che ci piovve addosso improvviso,
senza che avessimo neanche un ombrello,
o un grano di consapevolezza,
per difenderci dai nostri vent’anni
che svanivano piano nell’alba parigina.