Il fiume dell’esserci di Costantino Nicola



Profilo Critico

“Esserci” è un termine di Heidegger e indica un essere qui, là, ora, cioè un essere nello spazio e nel tempo. In una parola, la realtà umana. Ora, su questo sentiero filosofico, la poesia costituisce un cosmo, in essa soltanto le cose sono davvero ciò che sono, e in base a ciò può aprire dei mondi storici, come quello dell’esistenza, l’essere dell’Esserci, che Nicola Costantino individua nel simbolo del fiume che, scorrendo dall’interno all’esterno, definisce bene il venir “fuori” della vita, ovvero il nascere (ex-sistere). La poesia parte da “acque tumultuose”, “gole anguste”, “fitto fogliame” “dirupi”, “sotterranei marini”, per approdare, attraverso “melodie”, nella mente che “rallenta i pensieri” e “semplifica nella quiete la complessità”. Ma è solo una pausa, bisogna ricominciare col dolore “nel tessuto vivo della carne dolente”. La scelta
linguistica è compatta (basti pensare ai ripetuti sintagmi sostantivo/aggettivo)
e all’altezza dell’andamento concettuale; tutto è subordinato alla fondamentale esigenza di esistere: oggetti, quadri descrittivi sono altrettanti frammenti di vita, la quale è una rinnovata attesa (non egoistica), un “attonito andirivieni”, come il fiume che “continua la sua corsa”.


Massa, 10 maggio 2015 Membro di giuria


Prof. FRANCO PEZZICA

Le acque scorrono tumultuose
nelle alte gole anguste,
strette in pareti ruvide di scura pietra.

Venti prepotenti le accarezzano nella larga pianura.

Fitto fogliame impedisce negli anfratti
di colloquiare con la luce del sole.

Rallentano, si allargano, poi riprendono la corsa;
trovano il tempo di misurarsi con la riva,
prima di precipitare dai dirupi
e infilarsi nei sotterranei marini.

Recupero le percezioni contrastanti
anche di terrore e di odio,
mi faccio condurre dalle melodie,
cerco il respiro nella pausa dell’ansia.

La mia mente rallenta i pensieri,
elimina le forme spigolose delle emozioni
semplifica nella quiete la complessità.

Poi scivola nella vertigine degli interrogativi.

Qui l’ambiguità del dubbio
penetra come una spada
nel tessuto vivo della carne dolente.

Il fiume continua la sua corsa
e riempie la corposa fantasia
di astratti simbolismi non risolti
nell’attonito andirivieni del vivere.