Stella d’argento di Leone Giovanni



Profilo Critico


“A ottant’anni, l’universo di Morfeo si riduce a un irrequieto dormiveglia, popolato da schegge di memoria, gracili rimpianti, desideri esiliati, devote sofferenze”; queste poche parole prese dal primo paragrafo del racconto ne costituiscono l’essenza, l’anima e il corpo.
Ricordi dell’infanzia, gioie e dolori, si snodano in un racconto dove il presente si nutre del passato e insieme accompagnano gli ultimi momenti di una tribolata esistenza che si conclude su una pagina bianca dove appare solo una scritta carica di significato: Casa di riposo per anziani Stella d’argento.”
L’autore di questa breve storia, con la sua semplicità ricca di una profonda carica emotiva, sembra ripercorrere il sentiero del romanzo inglese del ’800 rappresentato da “Tess dei d’Uberville di Thomas Hardy e racchiuso nella significativa conclusione dell’opera a Stonehenge:
“Giustizia era fatta, e il Presidente degli Immortali … aveva finito di divertirsi con Tess”.
Degno di una particolare attenzione per la sua valenza poetica e delicatezza è il paragrafo iniziale.


Prof. Antonio Crudeli

Sulla virgola di luna, scritta nello spicchio di cielo tra monte Sfuso e la campagna di Melampo, calò una nube solitaria. I rami del tiglio danzavano al ritmo di una brezza leggera. L’ultimo lampione del viale illuminava quel soffice ondeggiare. Le ombre delle foglie si rintanarono nella stanza di Isabella, sul ramo dinanzi al letto. La donna aprì gli occhi e seguì la delicata coreografia. Sul comodino in formica, la sveglia in metallo cromato, regina tra scatole di medicinali, partoriva un timido ticchettio, l’indolente procedere della notte. A ottant’anni, l’universo di Morfeo si riduce a un irrequieto dormiveglia, popolato da schegge di memoria, gracili rimpianti, desideri esiliati, devote sofferenze. Nel buio si ritorna impauriti bambini, smarriti nel labirinto delle rughe, delle parole non dette.